L’economia mondiale può essere considerata una macchina enorme composta da milioni di ingranaggi che, per un corretto funzionamento, dipendono gli uni dagli altri; basta che un piccolo, microscopico ingranaggio, smetta di svolgere la sua funzione, e tutto il resto è destinato a fermarsi: prima, durante o dopo, ad ogni modo, tutto e tutti ne risentono di quel “banale” guasto, ma, purtroppo il risultato finale sarà sempre lo stesso…per intenderci, gli ingranaggi sono le singole persone, le aziende, gli Stati, le banche la finanza, l’economia (sia essa macro o micro) e qualsiasi cosa o persona produca e/o consumi beni o servizi.
Dopo questa breve (ma dovuta) premessa, arrivo al nocciolo della questione riportando un paragrafo tratto dal libro “Il successo spiegato ai miei figli” di Jim Rogers (vi consiglio di visionare la scheda ed in particolar modo l’ultimo paragrafo della biografia), dove viene spiegata la bolla giapponese e relativi inutili rimedi tentati per uscirne con le dovute conseguenze e ripercussioni non solo economiche e finanziarie, ma anche sociali della terra dei samurai e dell’Hagakure!!!
Il Giappone aveva beneficiato di un’enorme bolla negli anni Ottanta, ma quando questa scoppiò negli anni Novanta i prezzi sprofondarono, facendo crollare l’economia. Purtroppo il Governo e le banche del Giappone continuarono a cercare di frenare i naturali effetti depurativi di quella recessione, sostenendo le aziende in difficoltà.
Proprio come un incendio nella foresta è utile per ripulire dalla legna secca e dal sottobosco, così da garantirne il rinnovamento, le recessioni aiutano ad assicurare una sana crescita futura.
In Giappone, invece, le aziende che avrebbero dovuto essere liquidate divennero «zombie» e sopravvissero, seppur a fatica, grazie al sostegno artificiale del governo.
Tutto venne incerottato con rimedi di fortuna e questa strategia consentì di ritardare il declino, ma rimandò anche la ripresa dell’economia. Infatti un Paese può ritrovarsi a spendere più soldi per cercare di evitare la recessione di quanti non ne costerebbe la recessione stessa, senza contare che le nazioni più sviluppate dispongono oggi di reti di sicurezza per limitare i danni di una recessione.
Il Giappone definisce ancora oggi gli anni Novanta «il declino perduto» poiché, pur non rappresentando un fallimento totale, non consentì nemmeno una ripresa economica (tra l’altro, gli Stati Uniti attraversarono un periodo analogo negli anni Settanta e resistettero un misero decennio, finché una nuova politica non aiutò finalmente il Paese a ripartire.
Ci si aspetterebbe che i banchieri centrali imparassero dai propri passi falsi della storia, ma sfortunatamente gli Stati Uniti stanno ripetendo gli stessi errori e questo potrebbe comportare un lungo periodo di difficoltà economiche).
Da sempre uno dei fondamenti della società giapponese è l’impiego a vita nella stessa azienda. Quando negli anni Novanta le società si ritrovarono a dover licenziare personale, un evento senza precedenti, il Paese cadde in una depressione nazionale che si tradusse in un minore tasso di natalità e un preoccupante incremento del tasso di suicidi.
Ci vollero tredici anni di stagnazione, ma alla fine, nel 2003 l’economia giapponese iniziò a riprendersi e da allora la Borsa locale ha duplicato il proprio valore (che attualmente è tornato ai valori dell’84!!!).
Perché questo brano?
La risposta più ovvia è la similitudine con l’attuale bolla finanziaria e le relative contromisure adottate per porvi rimedio, ma, proprio come in Giappone, i Governi di mezzo mondo stanno cercando di rianimare un moribondo anziché prendere atto del cambiamento in corso (economia 2.1, oppure, qualcuno inizia a chiamarla IIIª rivoluzione industriale) e cercare di salvare solo quanto meritevole di essere salvato, tralasciando quei settori che, con il perdurare della crisi (che non si risolverà, purtroppo, entro qualche mese come cercano di farci credere!!!) diventeranno una pesante zavorra per tutto il sistema con conseguenze apocalittiche su tutti i cittadini, e questo, grazie agli eccessi di un sistema basato sul credito facile e sulla facile speculazione di “manager rampanti” convinti che “al disastro non si sarebbe mai potuti arrivare”…
Grafico Nikkei 225 dal gennaio 1984 al giugno 2009
Oggi, gli ingranaggi rotti sono molti, altri si stanno rompendo e moltissimi sono “usurati” in fase di sbriciolatura…a quando l’arresto totale?
Rogersografia: Intervista CNBC sul disastro che ci aspetta (in inglese).
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